Livia Pomodoro è Presidente del Milan Center for Food Law and Policy e Socia Onoraria di WILPF Italia.
Le prime parole che mi vengono in mente sono “Club di Roma”. Aprile1968: un imprenditore italiano visionario, Aurelio Peccei, riunisce a Roma, presso la sede dell’Accademia dei Lincei, alla Villa Farnesina, numerosi scienziati e premi nobel.
Nel Rapporto del Club sui limiti dello sviluppo, pubblicato nel 1972, per la prima volta si afferma che la crescita economica non potrà continuare all’infinito: le risorse naturali, specialmente il petrolio, sono limitate e limitata è anche la capacità di assorbimento degli inquinanti da parte del pianeta.
Come molti di voi ricordano, sarà la crisi petrolifera del 1973 ad attirare ulteriormente l’attenzione dell’opinione pubblica su questo problema. Un’opinione ancora convinta, però, che lo sviluppo tecnologico avrebbe sopperito al venir meno delle risorse energetiche fossili tradizionali. E tuttavia la conseguenza della crisi energetica del ’73 fu l’applicazione di politiche di austerità da parte di molti Paesi nel mondo, con misure drastiche per limitare il consumo di energia.
Ma la crisi fu anche occasione di riflessione sull’uso delle fonti rinnovabili, per la prima volta prese in considerazione in alternativa ai combustibili fossili. Dunque, l’idea di un modello di crescita economica che non consumasse tutte le risorse ambientali e le rendesse disponibili anche per il futuro si è affermata a partire dalla prima metà degli anni ’70. Quasi cinquant’anni fa.
È poi del giugno 1972 la Conferenza ONU sull’Ambiente Umano. E sempre le Nazioni Unite, nel 1987, con il rapporto Our Common Future hanno introdotto il concetto di “sviluppo sostenibile” ripreso successivamente al summit dell’Onu di Rio de Janeiro (3-14 giugno ) nel 1992: la prima conferenza mondiale dei capi di Stato in tema di ambiente che ha fatto dello sviluppo sostenibile la vera priorità.
Da allora la comunità internazionale non ha cessato di monitorare le condizioni del pianeta, valutando i progressi delle sue Agende ( la nr 21, nel 1997, a 5 anni da Rio), fino a definire, nel settembre 2015, poco prima che terminasse Expo Milano 2015, l’ultima sfida in ordine di tempo: l’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, con i suoi 17 obiettivi (OSS/SDGs, Sustainable Development Goals) e i 169 sotto-obiettivi.
Un impegno, questo, per la prima volta tematizzato negli anni 80 dall’oncologo svedese Karl-Henrik Robèrte che si completa con il concetto di circolarità dell’economia (che compare nel 1976, in un rapporto di Walter Stahel e Genevieve Reday presentato alla Commissione europea, dal titolo “The Potential for Substituting Manpower for Energy”).
Conviviamo da allora con l’idea che i sistemi economici debbano funzionare come organismi in cui le sostanze nutrienti sono elaborate e riutilizzate, per poi essere reintrodotte nel ciclo sia biologico che tecnico. E con una serie di precetti di natura etica – prima di tutto, negativamente, contro lo spreco; positivamente nella produzione di energia da fonti rinnovabili – che ci impegnano, tutti insieme,ad una forte responsabilità verso il futuro. E che ci obbligano quindi a conservare e migliorare il patrimonio naturale e, potremmo dire, tutto il vivente che abbiamo ereditato: la nostra terra.
Ben vengano quindi iniziative e riflessioni come la vostra di oggi, perché la consapevolezza di questo impegno si faccia più vasta e più profonda. E trovi nelle giovani generazioni – come finalmente sta avvenendo – delle sentinelle attente a promuovere un modo più rispettoso e solidale del nostro “essere nel mondo”.
Attente anche alla speranza ed alla fiducia che la ricerca scientifica e le nuove tecnologie promuovano nuove buone azioni oltre il pessimismo dell’oggi.